Nell'archivio della Parrocchia di S. Maria delle Grazie di Falconara sono conservati per il Settecento numerosi contratti dotali. Fra questi alcuni riguardano anche la famiglia Ricciotti. Per il nostro ramo e relativamente alla seconda metà del secolo, disponiamo della dote di Caterina di Cesare Ricciotti (1771), di Anna Maria (1773) e Lucia (1779) di Giuseppe Ricciotti e di Lucia Durazzo sposa di Angelo (1774).

Si tratta di documenti stilati a poca distanza l'uno dall'altro e tutto sommato piuttosto ripetitivi. Pertanto analizzeremo qui solo quello relativo alla dote di Lucia Durazzo sposa di Angelo, figlio di Giuseppe Ricciotti, scritto in data 27 gennaio 1774.

Adi 27 gennaio 1774

Nota della biancaria di panni, lino, lana, seta, ori argenti, ed altre robbe, che si danno in dote, e a nome di dote a Lucia figlia di Francesco Maria Durazzo futura sposa di Angelo figlio di Giuseppe Ricciotto, da Francesco Durazzo padre della suddetta stimata da due donne perite elette da ambe le parti di commune loro consentimento, per parte della sposa Girolama vedova del qm Mattio Radicione, per parte della sposo Vincenza moglie di Messer Domenico Biloni stimatitrici, quale dote è stata scritta da me D. Giandomenico Frampoli Pievano di Falconara.

Un letto fornito, cioè quattro cortine di tela lustrale, tornaletto un pajo di lenzuoli di canapa, quadra, due guancialetti, uno lungo, coperta di pelo fatta a opera, pagliaccio

18
Item due paia di lenzuoli di canapa
5
Item un lenzuolo buono di lino roscetto co' pizzi
3

Item camige numero di diciotto cioè tre di canipa colle sue maniche di lino; cinque col busto di lino lustrale e maniche di lino roscetto, due di lino roscetto col xxxx, le altre di lino lustrale in quanto al corpo,colle maniche di lino roscetto

16
Item cinque altre camige lavate col busto di lino lustrale e maniche di lino roscetto
3
Item otto parnanze di tela quattro di lino lustrale e quattro di canapa
2
Item tre parnanze di bambacina fiorata
1,50
Item altre due parnanze , una di orteghino lustrale e l'altra di calancano buono
1,50
Item cinque schuffiotti, cioè due di lino roscetto uno col lavoro, e l'altri lustrali
1
Item tre schuffioti di tela fiorita
1,50
Item sei schuffiotti di orteghino, usati
2
Item cinque fazzoletti di seta doppi
3
Item altri due fazzoletti, uno turchino, e uno di mosciolo fiorato
0,70
Item altri due fazzoletti di bombaccia usato uno
0,30
Item altri due fazzoletti di orteghino usati
0,30
Item tovagliette cinque pulite
0,70
Item tre tovagliette a opera
0,60
Item un tovaglione d'orteghino buono
1
Item un altro tovaglione usato con foderetta nova
1
Item una camigiola di bombace
1
Item una camigiola di scarlatto
2

Item tre camigiole di una turchina, l'altra rossa di mezzalana la terza di color cannella foderata

2,80
Item una sottana tanè
1
Item un'altra sottana verde col busto di lino con maniche
3
Item una sottana rosina con busto e maniche di lino
2,50
Item un busto e maniche e sottana di color di gazzia
2
Item busto e sottana di mezzalanetta di color tanè
2
Item sottana di mezzalanetta con bustina paonazza con maniche
1,70
una sottana di mezzalanetta di color cannella con bustina di scarlatto
2,3
Item una mezzalanetta doppia con bustina di droghetto verde
2
Item un righatino con bustina di durante
2
Pettorine n° otto di diversi colori
1
Un paio di calzetti
0,10
Un guanciale
0,10
Due para di scarpe uno grosso e l'altro usato
0,80
Bottoni d'oro n° otto
7
Gioja d'oro
3
Granate cinque fila
2,50
Perugine
8
Spillone
1,80
Sottonavette che promette di fare di paoli 15: col xxx su quelle che porta
1,50
Una piavetta che promette
1

Item busto scarlatto, sottana di droghetto torchino, parnanza di orteghino, fazzoletto sulla testa

7
Tovaglie crude braccia 6
0,90
Casse di noce n° 2 una nova e l'altra usata
3
Item un busto camigiola di mezzalana, sottana nera usata
1,50
Somma in tutto salvo ogni errore
137,75

Angelo Bartholemeo Ricciotto futuro sposo confessa d'aver ricevuta la sottoscritta dote alla presenza di Giuseppe suo padre e dei testimoni e di Giandomenico Frampoli Pievano
Cro ce di Angelo Bartholomeo Ricciotto che disse di non saper scrivere.

Io D. Domenico Fabbroni Cappellano Curato di Falconara fui testimonio xxx
Io Domenico Biloni fui testimonio

Nota: Il valore dei singoli beni della dote è espresso in scudi.

Fra i beni portati in dote innanzi tutto vanno segnalati gli arredi della camera matrimoniale, che era nelle case coloniche del tempo, ma questo vale grosso modo fino a tutto il Novecento, lo spazio esclusivo della nuova coppia e dei loro figli. Si tratta di un letto “fornito”, completo di tutto, cioè “quattro cortine di tela lustrale, tornaletto un pajo di lenzuoli di canapa, quadra, due guancialetti, uno lungo, coperta di pelo fatta a opera, pagliaccio” , e di due casse di noce, di cui una usata, nelle quali venivano riposti gli abiti.

La dote comprende, poi, i capi d'abbigliamento della donna che, partendo dal capo, potremmo così elencare:
scuffiotti (14) e fazzoletti (11) o tovagliette (8) con cui le donne dell'epoca erano solite coprirsi il capo – ma il fazzoletto gettato sulle spalle e incrociato su petto poteva anche essere usato per coprire la scollatura, più o meno ampia lasciata dalla camicia, che il busto ricopriva solo in parte;
tovaglioni (2) che venivano portati avvolti attorno alle mani, come un manicotto, e in caso di pioggia o freddo intenso, venivano svolti e, appoggiati sul capo e le spalle, si trasformavano in caldi mantelli;
pettorine, busti e bustine; camicie (23) e camiciole (5) alcune complete di busto; sottane (8) anch'esse completate dal busto con maniche (una sorta di farsetto dunque);
parnanze (11), cioè grembiuli o zinali, che in parte ricoprivano la gonna sia nei lavori domestici che negli abiti da festa; un paio di calzetti e infine due di scarpe.

Per completare la lista vanno poi ricordati i gioielli, che sono quelli tipici del mondo contadino di allora:
otto bottoni d'oro, piccoli globi di sfoglia d'oro, tutti a traforo ed arabeschi a rilievo, che reggevano la gioia d'oro, cioè una medaglia, o rosone traforato ornato di piccole perle; cinque file di granate;
le perugine, orecchini nuziali d'argento dorato ; lo spillone, cioè lo spillone da testa d'argento, che terminava con una borchia a forma di piccolo globo traforato, con il quale venivano appuntate le trecce;
le sottonavette o pendenti , solitamente tre [che promette di portare ], per completare gli orecchini a navicella con rilievi a filigrana.

Nel particolare di figurino sotto riportato appaiono evidenti gli orecchini a navicella con le tre sottonavette o pendenti, volgarmente dette “pere” e, al collo, i bottoni d'oro che reggono la gioia d'oro.

Quasi alla fine dell'elenco probabilmente il vestito da sposa: busto scarlatto, sottana di droghetto torchino, parnanza di orteghino, fazzoletto sulla testa.

Ora questo che può apparire niente altro che un arido elenco, che in alcuni casi potrebbe dar luogo a fraintendimenti o incomprensioni, per il diverso significato che le parole hanno assunto nel tempo, può animarsi, tornare a nuova vita e mostrarci uno spaccato significativo della vita, degli usi del tempo e dei costumi popolari. Tutto grazie ai figurini 1 disegnati attorno al 1811 a corredo di un'inchiesta dell'amministrazione napoleonica sui costumi tradizionali del Regno Italico, in cui, nonostante siano di tre decenni posteriori, ritroviamo gli stessi capi d'abbigliamento descritti nelle doti. Il fatto non deve meravigliarci, perché, come è stato giustamente affermato, i contadini non cambiano le mode ad ogni stagione e nemmeno anno per anno.

Ecco quindi per Falconara due figurini femminili:

donna in abito festivo, con un tovagliolo o fazzoletto fiorato in testa, il fazzoletto bianco incrociato che copre la scollatura, il corpetto giallo con maniche ornato a piccoli disegni, la gonna celeste anch'essa ornata con decorazioni e il grembiule legato ai fianchi con un nastro azzurro, le scarpe con fibbia di metallo, la tovaglia di panno rosso avvolta attorno alle mani. Per i gioielli da notare le navicelle d'oro, i bottoni che reggono una grossa gioia e una fila di granate.

contadina in tempo di mietitura con un ampio cappello di paglia per difendersi dai raggi del sole, il fazzoletto sulle spalle che incrocia sul petto, il busto a vivaci colori, la camicia con maniche, la gonna di rigatino e il grembiule di tela bianca. Da notare anche qui la presenza dei gioielli che sembrano un po' incongrui, fra cui i due spilloni che fermano i capelli e il cappello. Ancora la donna è a piedi nudi, come avveniva solitamente durante le faccende nei campi e in quelle domestiche. Le scarpe venivano indossate solo quando si andava in città.

A titolo di pura curiosità si riporta, sempre per Falconara, anche il figurino relativo al campagnolo nella stagione fredda, che indossa la tipica tunica da lavoro, detta “guazzerone”, solitamente di ruvida tela di canapa fatta in casa, diffusa praticamente in tutte le Marche e in uso ancora quasi per tutto l'Ottocento.

 

Per concludere queste note e per completare la descrizione dell'abbigliamento dei nostri antenati, tenendo conto che alla fine del Settecento la nostra famiglia si trasferì a Montalboddo (Ostra), riportiamo anche altri tre figurini relativi a questa città e alle sue campagne:

una donna in abito invernale da festa,

un contadino in abito da lavoro e

un contadino con cappotto alla greca.

1 Conservati oggi nella Civica Raccolta delle Stampe “A. Bertarelli” dei Castello sforzesco di Milano sono riprodotti in S. Anselmi (a cura di), Contadini marchigiani del primo Ottocento. Una inchiesta del Regno Italico , Senigallia, Sapere Nuovo, 1995. Nello stesso volume si veda il saggio di Augusta Palombarini, Gli abiti dei contadini e dei popolani dell'Ottocento marchigiano , pp. 57-74.